Big Oil's accusate di disinformazione climatica

A pochi giorni dall'avvio della COP26 di Glasgow, precisamente il 28 ottobre 2021, è iniziata la maxi inchiesta "Exposing Big Oil's Disinformation Campaign to prevent climate action", all'interno della quale le principali compagnie petrolifere si sono dovute presentare davanti al Congresso americano per rispondere delle loro campagne di disinformazione climatica. 

Le compagnie, fra le quali figurano Exxon Mobil, Chevron, BP e Shell, sono state accusate di aver perpetrato per anni campagne di disinformazione in merito al collegamento esistente fra l'attuale crisi climatica e l'utilizzo delle fonti fossili. In sintesi sono accusate di aver messo in piedi una strategia simile a quella adoperata dalle società del tabacco, le cosiddette Big Tobacco, le quali per anni hanno taciuto e nascosto i danni alla salute causati dal fumo, così come oggi le Big Oil hanno cercato di insabbiare e screditare gli studi scientifici sul collegamento tra utilizzo dei combustibili fossili e aumento della temperatura media globale. 

Infatti, tali compagnie hanno condotto, intorno agli anni Novanta, numerosi studi volti a dimostrare il contrario, ovverosia la non esistenza di collegamenti diretti fra l'aumento dei gas serra in atmosfera e i cambiamenti del clima, finanziando progetti di ricerca per screditare gli scienziati che invece, correttamente, asserivano come tali collegamenti vi fossero. 

La sola Exxon Mobil sembra aver speso circa 30 miliardi di dollari nel finanziamento di think thank su posizione negazioniste in merito al tema del global warming e ha finanziato, sul finire degli anni Ottanta, una serie di progetti di ricerca per dimostrare come dalle estrazioni di petrolio non derivassero danni al sistema clima, finendo però con il dimostrare il contrario, insabbiando il tutto. 

Fortunatamente nel 2019, Martin Hoffert, uno degli scienziati che partecipò a questi progetti per Exxon, ha dichiarato al Congresso americano che i suoi modelli climatici avevano dimostrato come lo sfruttamento dei combustibili fossili provocasse gravi danni all'apparato climatico e come la Exxon, di tutta risposta, abbia nascosto tutto sotto il tappeto per portare avanti i suoi interessi economici.

Questa udienza passerà alla storia come la prima vera udienza sul cambiamento climatico e sul sistema di disinformazione che tenta di nasconderlo. I dirigenti delle Big Oil dovranno testimoniare e confrontarsi con tantissimi scienziati e ricercatori che, prove alla mano, dimostreranno come gli effetti dannosi delle estrazioni di fonti fossili, e del loro utilizzo, sul sistema clima, fosse certe già trent'anni fa e come tali compagnie abbiano taciuto.

La difesa dei colossi del petrolio, basata essenzialmente sul fatto che non sia corretto giudicare, sulla base della conoscenza odierna, affermazioni e studi condotti 20-30 anni fa, appare debolissima, se non velleitaria. Il collegamento tra gas serra e aumento della temperature terrestre fu ipotizzato già sul fine dell'Ottocento dallo scienziato svedese Svante Arrhenius; e lo stesso Club di Roma, nel 1972, con il noto rapporto "The limits to growth", aveva sottolineato ulteriormente come tale collegamento vi fosse. Così come qualche anno prima, il fresco vincitore del premio Nobel alla Fisica, Syukuro Manabe, aveva modellato e previsto come all'aumento della CO2 presente in atmosfera, corrispondesse un parallelo aumento della temperatura terrestre del pianeta.

 

10/11/2021

Ferri Bontempi Gianni

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.